L'alluvione di Sarno e Quindici
Il 5 maggio 1998 una pioggia incessante colpisce la provincia di Salerno. Dalle due del pomeriggio oltre 140 frane si abbattono sui comuni di Quindici, Bracigliano, Siano, San Felice a Cancello, Sarno e altri centri del salernitano e del napoletano, riversando oltre 2 milioni di metri cubi di materiale. A perdere la vita sono 160 persone, 137 delle quali solo a Sarno. Centinaia i feriti, migliaia le persone senza casa. In termini di vittime, Sarno è il più grave disastro idrogeologico che colpisce l’Italia negli ultimi 50 anni, dopo il Vajont nel 1963 e Stava nel 1985.
Alle 17.30 del 5 maggio la prefettura di Salerno, cui spetta il coordinamento della protezione civile nella provincia, è concentrata su Bracigliano, Quindici e Siano dove la situazione sembra più grave e dove dalle prime colate i sindaci hanno già disposto l’evacuazione. A Sarno non scatta invece l’allarme per la popolazione e, intorno alle 18, ha inizio una delle tragedie più pesanti mai affrontate dal nostro Paese. Le forze dell’ordine fanno il possibile per aiutare la popolazione a evacuare le zone colpite. Intorno alle 20 la situazione precipita: una gigantesca onda travolge persone, case, automobili. Alle 23.45 Sarno è devastata da un’altra frana, che si abbatte sull’abitato alla velocità di 50-60 chilometri orari.
I soccorsi arrivano da tutta Italia. La ricerca dei dispersi si svolge con il massimo coinvolgimento di uomini e mezzi e a seguire le attività in prima persona è Franco Barberi , sottosegretario al Ministero dell’Interno con delega alla protezione civile. Per fronteggiare la situazione emergenziale sono costituiti diversi Centri operativi. Le attività di ricerca e soccorso si concludono l’8 maggio con il salvataggio di un ragazzo sepolto nel fango, l’ultimo dei sopravvissuti alla catastrofe.
Lo stato di emergenza per Sarno viene dichiarato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 maggio 1998 e successivamente prorogato più volte. L’ordinanza n. 2787 del 1998 nomina commissario delegato il Presidente della Regione Campania, la cui struttura commissariale oltre ad attuare il piano degli interventi strutturali predispone nei comuni coinvolti un “Piano di emergenza interprovinciale-rischio colate di fango” attivato da un sistema di monitoraggio idro-pluviometrico che in fasi successive – presidio territoriale, allerta, preallarme e allarme – attiva le risorse di protezione civile.
L’evento di Sarno, dal punto di vista del monitoraggio e della sorveglianza degli eventi idrogeologici, ha determinato un decisivo cambiamento di rotta nell’approccio al rischio, fino ad allora caratterizzato prevalentemente da interventi strutturali e da attività di soccorso e di assistenza.
Il Decreto-Legge n. 180 del 1998, più noto come “Decreto Sarno”, successivamente convertito nella Legge n. 267 del 3 agosto 1998, ha determinato una decisiva accelerazione sia delle attività di perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, sia del potenziamento delle reti di monitoraggio e sorveglianza.
Prima di questo evento la rete di monitoraggio della Campania contava su pochi pluviometri in telemisura, nessuno dei quali collocato nell’area di Sarno. Oggi i pluviometri in telemisura sono numerosi e forniscono dati in tempo reale sia al Centro Funzionale Regionale sia a quello Centrale presso il Dipartimento della Protezione Civile. È quindi la Legge Sarno ad avviare la costruzione della rete dei Centri Funzionali, sostenendo il potenziamento della rete di monitoraggio idro-meteo-pluviometrica nazionale e la costruzione della rete radar meteorologica nazionale.
Foto: Vigili del Fuoco al lavoro dopo la frana di Sarno del 5 maggio 1998 / Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco