Il terremoto dell'Irpinia e del Vulture

I crolli causati dal terremoto del 23 luglio 1930 in un paese del Vulture, nel nord della Basilicata

Il 23 luglio 1930 una scossa di magnitudo 6.7 colpisce una vasta area dell’Italia meridionale compresa tra l’alta Irpinia e la zona del Vulture, interessando le province di Napoli, Avellino, Benevento, Foggia, Potenza e Salerno. A subire i danni più gravi è l’alta Irpinia e in particolare i centri abitati di Lacedonia, Aquilonia e Villanova, in provincia di Avellino. In provincia di Potenza sono colpiti i paesi di Rapolla, Barile, Rionero, Atella, Melfi, posti ai piedi del Monte Vulture. Circa 1400 le vittime.

Il territorio interessato dall’evento è caratterizzato, come spesso si osserva nell’Italia centrale e meridionale, da piccoli paesi generalmente situati a quote superiori ai 600 metri sul livello del mare, il più delle volte collegati da strade tortuose e mal tenute. Nonostante questa regione dell’Appennino meridionale fosse stata ripetutamente interessata nel corso dei secoli da alcuni tra i più catastrofici terremoti della storia sismica italiana, nulla era stato fatto per prevenire il rischio legato al verificarsi di eventi simili.

La causa principale dei gravi danni provocati dalla scossa del 23 luglio è da ricercarsi in parte nelle caratteristiche dei terreni sui quali erano stati edificati i centri abitati – argillosi, sabbiosi o ghiaiosi – ma soprattutto nella fragilità del patrimonio abitativo, costituito per lo più da case realizzate con pietre di fiume legate da pessima malta o addirittura da fango essiccato. Il terremoto pone dunque, in modo drammatico, il tema della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio.

Foto: Crolli causati dal terremoto del 23 luglio 1930 in un paese del Vulture, nel nord della Basilicata / Bundesarchiv, numero di catalogo 102-10192, pubblicata su commons.wikimedia.org con licenza CC BY-SA 3.0