Il terremoto del Friuli
Il 6 maggio 1976 un terremoto di magnitudo 6.4 colpisce duramente il Friuli e in particolare la media valle del Fiume Tagliamento, coinvolgendo oltre cento paesi nelle Province di Udine e Pordenone. Il terremoto, avvertito in quasi tutta l’Italia centro-settentrionale, è seguito da numerose repliche, alcune delle quali molto forti. Il 15 settembre una nuova scossa di magnitudo 5.9 provoca ulteriori distruzioni. Perdono la vita complessivamente 965 persone.
Il danno al patrimonio edilizio è enorme e notevole l’impatto sull’economia: circa 15mila lavoratori perdono il posto di lavoro per la distruzione o il danneggiamento delle fabbriche. Nonostante fosse conosciuta l’elevata sismicità della regione e, in particolare, della zona compresa tra la pianura e i rilievi montuosi, la maggior parte dei comuni colpiti in modo rilevante – come Buia, Gemona e Osoppo – non erano classificati come sismici e non erano quindi soggetti all’applicazione di norme specifiche per le costruzioni.
La forte presenza militare in Friuli consente operazioni di soccorso rapide ed efficaci, facilitando lo sgombero delle macerie, la riattivazione dei servizi, l’allestimento di ricoveri provvisori e cucine da campo. Nelle ore che seguono la scossa, il Governo affida la direzione delle operazioni di soccorso al Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, che sei anni dopo viene nominato Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile.
Nella gestione dell’emergenza sono coinvolti da subito il governo regionale e i sindaci dei Comuni colpiti, che lavorano in stretto contatto con il Commissario straordinario. La Regione e le Autonomie locali sono investite di un ruolo importante e complesso che, fino ad allora, era stato gestito prevalentemente a livello centrale. Per la prima volta sono istituiti i “centri operativi”, con l’obiettivo di creare in ciascun Comune della zona colpita un organismo direttivo composto dai rappresentanti di amministrazioni pubbliche e private, sotto la guida del sindaco, per coordinare il soccorso e l’assistenza alla popolazione.
Conoscendo le caratteristiche del territorio e le sue risorse, i sindaci e i cittadini hanno un ruolo centrale anche nella fase di ricostruzione del tessuto urbano e sociale secondo quello che oggi è conosciuto come il “modello Friuli”, secondo il quale la ricostruzione delle case e delle industrie deve avvenire negli stessi luoghi, “dov’erano, com’erano”. In poco più di 15 anni il Friuli rinasce.
Foto: Squadre di soccorritori all’opera in seguito al terremoto in Friuli del 6 maggio 1976 / Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco